Ricerca BDO e Università Ca’ Foscari di Venezia Edizione 2023

L’introduzione delle disposizioni contenute all’interno della Tassonomia Europea (Regolamento 2020/852) sta avendo, come nelle previsioni, un impatto significativo su aziende e professionisti, data la loro natura di strumenti in grado di dare concretezza alla “rivoluzione” contenuta nel Green Deal Europeo in materia di innovazione e transizione sostenibile. La tassonomia ha infatti l’obiettivo di facilitare la connessione tra informazioni di sostenibilità e informazioni finanziarie e, soprattutto, di aiutare l’analisi e la comprensione di queste informazioni tra aziende e operatori dei mercati finanziari.

Il Regolamento impone alle imprese soggette alla Direttiva 2014/95/UE (Non-Financial Reporting Directive – NFRD) di includere nella dichiarazione non finanziaria informazioni su come e in che misura il proprio business sia associato ad attività economiche ecosostenibili. Questi obblighi informativi, diversamente articolati per le imprese non finanziarie e le imprese finanziarie, mirano a consentire agli investitori e al pubblico di valutare correttamente la quota di attività economiche ecosostenibili svolte dalle imprese, al fine di determinare il grado di ecosostenibilità di un investimento.

Un’attività può essere definita come ecosostenibile se contribuisce ed è conforme ai criteri tecnici relativi ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali definiti dall’articolo 9 della Tassonomia europea: la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

In occasione della pubblicazione della dichiarazione non finanziaria 2022, le società non finanziarie soggette all’obbligo hanno continuato l’esercizio di analisi e assessment delle proprie attività già iniziato con la precedente rendicontazione, presentando per la prima volta il conteggio effettivo delle proprie attività ecosostenibili, cioè quelle allineate a due sei dei sei obiettivi ambientali legati in particolare alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Per capire come le società italiane abbiano adempiuto agli obblighi informativi previsti per il secondo anno di applicazione della Taxonomy Regulation, BDO, con la collaborazione ed il supporto scientifico del “Sustainability LAB” creato all’interno del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha realizzato una ricerca basata sull’analisi dei bilanci di 193 imprese finanziarie e non finanziarie italiane. L’elaborazione della ricerca, che giunge alla seconda edizione, fa parte del percorso di collaborazione tra BDO e l’Università Ca’ Foscari, che, dal 2022, ha visto anche l’organizzazione di due cicli di webinar dedicati all’evoluzione dell’informativa non-finanziaria e degli impatti ESG.

In continuità con la prima edizione della ricerca, per le società finanziarie e non finanziarie oggetto di indagine, sono stati valutati diversi indicatori, tra cui la descrizione del processo di analisi condotto per identificare le attività ammissibili, il livello di raggiungimento dei KPI richiesti dal regolamento (ad esempio, CapEx, OpEx e revenues per le imprese non finanziarie), le quote in percentuale del costo/revenue legato ad ogni attività, la descrizione delle attività ammissibili e allineate svolte durante il 2022 e altre informazioni qualitative.

Al temine del lavoro di analisi delle dichiarazioni non finanziarie è stato possibile identificare le società italiane che presentano le quote maggiori di ricavi, di spese in conto capitale e di spese operative allineate ad attività ecosostenibili. Tra queste, spiccano in modo particolare quelle appartenenti al settore dell’energia come ERG, 2i Rete Gas, Terna, Italgas, e Dolomiti Energia, ma sono rappresentati anche i settori dei trasporti con Ferrovie dello Stato Italiane e TPER e della manutenzione delle infrastrutture, con Salcef Group.

Va ricordato che la tassonomia europea delle attività ecosostenibili rimane tuttora uno strumento in evoluzione. Il quadro dei regolamenti che definiscono i requisiti tecnici e le indicazioni contabili, infatti, è stato completato solamente lo scorso 21 novembre con la pubblicazione ufficiale del regolamento delegato 2023/2486 che fornisce i criteri di vaglio tecnico per ulteriori quattro obiettivi ambientali (uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, transizione verso un’economia circolare, prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, protezione e il ripristino della biodiversità e degli

ecosistemi), non ancora trattati dai regolamenti in vigore, ma non sono da escludere ulteriori emendamenti.

Nei prossimi anni, inoltre, si allargherà ulteriormente e in modo importante la platea di imprese che saranno assoggettate alle previsioni della Tassonomia, arrivando a coinvolgere nel 2026 tutte le imprese europee con più di 250 dipendenti, 20 milioni di euro di attivo e 40 milioni di euro di fatturato.

Solo in Italia, si stima che le aziende impattate saranno oltre 7.800: all’interno del loro bilancio di esercizio o consolidato, queste società dovranno quindi integrare le informazioni ESG secondo il nuovo standard ESRS e tutte queste nuove informazioni, incluse le disclosure tassonomiche, saranno sottoposte a verifica da parte di società di revisione.

Occorre infine sottolineare che le disposizioni della Tassonomia, per quanto possano risultare complesse nei primi esercizi di rendicontazione, consentono di facilitare la valutazione dei rischi e delle opportunità legati alla prospettiva ESG. Per imprese e investitori ciò si traduce nell’opportunità di gettare le basi per la creazione di valore nel lungo termine e per rafforzare la fiducia reciproca, riducendo le pratiche di greenwashing e orientandosi verso la creazione di una finanza sostenibile al servizio di un’economia più responsabile.

Scarica la ricerca realizzata in collaborazione con il Sustainablity Lab del Dipartimento di Mangement dell'Università Ca' Foscari di Venezia.

 

Articolo a cura di Carlo Luison, Sustainable Innovation Partner di BDO