Fringe Benefit: quali impatti per il lavoratore e per il datore di lavoro?

Decreto Aiuto-quater: fringe benefit esentasse fino a 3.000 €. Quali impatti per il lavoratore e per il datore di lavoro?
 

Il Decreto-legge Aiuti-quater, primo provvedimento economico del Governo Meloni approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 Novembre in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, registra l’innalzamento del tetto all’esenzione fiscale dei fringe benefit aziendali fino a 3.000 Euro per il 2022.
 

Si tratta di una misura già esistente di cui ne vengono ora innalzati i limiti (si veda Tabella 1).

Tabella 1 – Evoluzione Fringe Benefit esentasse

Anno

2019

2020

2021

2022

(Governo Draghi)

2022

(Governo Meloni)

Importo cumulato annuale

258,23 €

516,46 €

516,46 €

600 €

3.000 €

Tipologia

utilità (beni e servizi) offerti dal datore di lavoro

utilità (beni e servizi) offerti dal datore di lavoro e/o somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche

 

In Tabella 2 un esempio di come questa misura dovrebbe funzionare per un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo annuo di 40.000 € che riceve 3.000 € in più sotto forma di fringe benefit esentasse invece che di retribuzione: il cuneo fiscale - rapporto tra retribuzione netta e costo azienda - migliorerebbe di circa il 4%.
 

TABELLA 2- Esempio – confronto incremento stipendio vs fringe benefit

Stipendio lordo (A)

40.000

43.000

 

Fringe Benefits esentasse (B)

3.000

 

 

Totale al dipendente (C)

43.000

43.000

 

Contributi a carico lavoratore (D)

-3.600

-3.900

 

Reddito imponibile dipendente

36.400

39.100

 

Tassazione (E)

-9.600

-10.600

 

 Netto dipendente (C-D-E)

29.800

28.500

 il dipendente incassa 1.000 € netti in più

Costo Azienda (C +contributi carico datore di lavoro + TFR)

55.500

56.500

 Il suo posto di lavoro costa al datore di lavoro 1.000 euro in meno

Netto dipend. / Costo azienda

54%

50%

 

 

Aspetti critici della nuova disciplina

L’art. 3 del comma 10 del Decreto Aiuti-quater (nella versione diffusa in bozza) interviene sull’art. 12, comma 1, del Decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, convertito con modificazioni, dalla Legge 21 settembre 2022, n. 142, su due fronti: da una parte, innalzando il precedente limite da 600 Euro a 3.000 Euro, dall’altra precisando che la deroga è limitata alla prima parte del terzo periodo dell’art. 51, comma 3, del TUIR.

Da ciò ne conseguirebbe che:

A.  l’innalzamento della soglia sembra valere esclusivamente per l’anno 2022, visto che nel Decreto Aiuti-Quater non si rinviene una norma che ne estenda la portata anche al 2023 od oltre; in effetti, la misura, per come è scritta, sembra operare per i soli rimborsi ottenuti fino al 31 dicembre 2022 (ovvero fino al 12 gennaio 2023 per effetto del principio di cassa “allargata”). Ci si chiede che senso abbia emanare a metà novembre una norma fiscale che spiegherebbe i propri effetti per meno di due mesi. Al di là dell’effetto mediatico, l’auspicio è che tale misura venga estesa almeno al 2023 ovvero diventare strutturale;

B.  la deroga non pregiudica la disposizione contenuta nella seconda parte del terzo periodo dell’art. 51, comma 3, del TUIR secondo cui “se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”. Dal che ne consegue, che se i fringe benefit in parola dovesse essere erogati per un ammontare superiore alla nuova soglia (es. 3.200 Euro), concorrerebbe a formare reddito imponibile l’intero importo (3.200 Euro) e non la sola differenza (Euro 200). Insomma, viene ribadito per via legislativa quanto affermato dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 4 novembre 2022, emanata con riferimento all’aumento di 600 Euro, secondo cui siamo di fronte ad una “soglia” di importo e non ad una “franchigia”[1];

 

Per il resto il meccanismo operativo è quello indicato dalla predetta Circolare:

  • nel panel dei benefit esenti (valore dei beni ceduti e servizi prestati), vengono collocate anche le utenze domestiche erogate o rimborsate dal datore di lavoro ai propri dipendenti “per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale”;
  • le utenze devono riguardare immobili ad uso abitativo, posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la propria residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le spese (è anche ammesso il rimborso delle spese per utenze domestiche intestate direttamente a condominio e ripartite tra i condòmini);
  • i beneficiari della misura sono tutti i titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, compresi dunque anche i collaboratori coordinati e continuativi (categoria che ricomprende anche gli amministratori);
  • i fringe benefit possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche ad personam, e non necessariamente alla generalità di dipendenti o categorie di dipendenti;
  • ai fini del rimborso, il datore di lavoro deve acquisire e conservare, per eventuali controlli, la relativa documentazione giustificativa; in alternativa può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ai sensi del dpr 445/2000) con la quale il lavoratore attesti: i) il possesso della documentazione comprovante la spesa; ii) gli elementi identificati della fornitura (es. numero ed intestatario della fattura); iii) se l’intestatario è diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo; iv) la tipologia di utenza; v) l’importo pagato; vi) la data e le modalità di pagamento; vii) la circostanza che le medesime fatture non sono state già oggetto di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro ma anche presso altri.

 

Considerazioni finali

L’idea di erogare fringe benefit per il rimborso delle spese energetiche sembra congeniale ad evitare ulteriori spinte inflazionistiche che potrebbero essere innescate da incrementi salariali; i fringe benefits di per sé sono più facilmente revocati quando la crisi energetica sarà conclusa.

La principale criticità di questa misura risiede nel suo ambito temporale limitato al 2022; troppo pochi i restanti mesi del 2022! Il che di fatto impedisce alle aziende ed ai responsabili delle risorse umane di programmare la gestione dell’erogazione dei fringe benefit ai dipendenti.

Inoltre, considerato che le spese energetiche riguardano la generalità dei dipendenti, sarebbe molto utile introdurre il rimborso delle utenze domestiche nei piani di welfare aziendale o di welfare di produttività. Tuttavia, ciò risulta molto complesso quando si ha a che fare con disposizioni temporanee visto che i piani di welfare hanno generalmente durata pluriennale, frutto di negoziati con le parti sociali; da questo punto di vista sarebbe sicuramente opportuno contare su norme di esenzioni stabili, durature e programmabili.  




Articolo a cura di Gianluca Marini Partner, Tax


  1. [1] Che si trattasse di una soglia e non di una franchigia era acclarato nella previgente versione (258,23 Euro), ma erano sorti dubbi in seguito al primo incremento a 600 Euro per effetto di un non puntuale coordinamento normativo derivante, peraltro, dalla sconveniente tendenza del legislatore ad operare le deroghe al TUIR mediante norme che non intervengono sul Testo unico, ma ne rimangono “esterne”.